Monet in Riviera

Arte, Eventi, Storia, Storia,Arte&Cultura

Author: Luca Giovannetti

“Monet. Ritorno in Riviera”
30 Aprile – 28 Luglio
Bordighera Villa Regina Margherita – Dolceacqua Castello Doria

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1884-2019

Luce, tempo, natura: alla conquista della meraviglia

“Je pars rempli d’ardeur, il me semble que je vais faire des choses épatantes

“Parto pieno di ardore, ho l’impressione che farò cose meravigliose”

Queste le semplici, intense, profetiche parole che Claude Monet scrisse dalla stazione di Parigi al suo mercante d’arte e benefattore, Paul Durand-Ruel, il 17 Gennaio del 1884, poco prima di prendere il treno, con destinazione Bordighera.

Bordighera, quel luogo denso di esotismo magico che lo aveva segretamente e profondamente colpito durante il viaggio di esplorazione e scoperta della Riviera Franco italiana, effettuato nel dicembre 1883 con l’amico Pierre Auguste Renoir, tra l’Estaque – dove erano andati a incontrare Paul Cézanne, curiosi delle nuove sperimentazioni dell’amico e fondamentale esponente del rivoluzionario gruppo impressionista – e Genova.

“L’impressione”, un filo conduttore di energia vitale che porta Monet durante tutta la sua vita alla conquista della meraviglia, a dipingere la luce per scoprire – a Bordighera in particolare – quella natura intricata e lussureggiante che cambia costantemente nell’inevitabile flusso del tempo. E in quell’immersione quasi solipsista – come notato da Steven Levine- nella natura, Monet cerca e ritrova sé stesso.

“Dipingere la luce”, quasi un’ossessione. Ma – come spiega Joachim Pissarro in Monet and the Mediterranean- “la luce non è nulla senza gli oggetti che, nel suo incessante divenire, essa rivela”.

I 79 giorni del soggiorno di Monet a Bordighera – dal 19 gennaio ai primi di aprile del 1884 – coincidono con il viaggio in un tempo e uno spazio assolutamente inediti per l’uomo e l’artista; consistono nel suo primo approccio con la luce e la natura mediterranee.

Questo primo incontro e il travaglio che ne conseguì intende viverlo in completa solitudine, senza la sollecitazione e la distrazione di amici, come Renoir, che probabilmente avrebbe desiderato condividere l’esperienza ligure di Monet.

L’artista chiede espressamente a Durand-Ruel di non fare parola a nessuno della sua intenzione di tornare a così breve distanza di tempo sulla costa ligure e proprio a Bordighera “uno dei luoghi più belli che abbiamo visto durante il nostro viaggio”…”ho sempre lavorato meglio da solo e seguendo le mie sole impressioni”.

Ecco perché Monet, a 44 anni, parte segretamente da Giverny, in Normandia, lasciando la compagna Alice nell’inverno e nella casa in cui da pochi mesi si erano trasferiti con gli otto figli: due di Claude e Camille, scomparsa nel 1879 dopo lunga malattia, gli altri sei di Alice e Ernest Hoschedé, un ricco commerciante tessile che era in quegli anni diventato sostenitore e uno dei primi collezionisti del movimento impressionista.

Sente evidentemente forte l’urgenza di seguire l’ispirazione e tornare subito a lavorare en plein air in quel villaggio ligure i cui “motivi” lo hanno così intensamente attratto.

Come non comprenderlo, Bordighera nella seconda metà dell’Ottocento era un paradiso terrestre; Monet però sicuramente la scelse, tra tutti i luoghi visitati en touristes con Renoir, non certo per i suoi aspetti pittoreschi ed esotici, ma essenzialmente per la sua natura e la sua luce.

Aveva promesso ad Alice una separazione di due o tre settimane, resterà invece alla Pension Anglaise, alle pendici di Bordighera alta, quasi tre mesi e qui e nei dintorni dipingerà 38 memorabili tele.

Soggetti principe le palme, avvolte da una natura lussureggiante, e gli ulivi. Nella serie della valle del Sasso e in quella dei boschi di ulivi, il processo di immersione totale nella

natura è particolarmente evidente. Ci sono due tele, étude d’olivier e palmier à Bordighera, probabilmente l’ultimo quadro dipinto nel soggiorno ligure di Monet, in cui forte si percepisce la presenza e il riflesso dell’artista, due potenti autoritratti in cui l’autore celebra e afferma le difficoltà e gli sforzi eroici compiuti in quei 79 giorni, per arrivare a possedere quel paesaggio féerique, fiabesco.

Bordighera, lunedì sera, 10 marzo 1884 ad Alice Hoschedé (W 441)

“…ho fatto tante croste all’inizio, ma finalmente è nelle mie mani questo paese fiabesco, ed è proprio questo aspetto meraviglioso che per me è tanto importante rendere.

Sicuramente, tanta gente griderà all’inverosimile, alla follia, ma tanto peggio, dicono lo stesso quando dipingo il nostro clima. Era necessario, venendo qui, che ne riportassi l’aspetto sconvolgente. Tutto ciò che faccio è fiamma di punch e gola di piccione e ancora lo sto facendo molto timidamente. Comincio ad arrivarci; d’altronde è ogni giorno più bello.”(..)

L’elemento umano è dunque volontariamente assente nei lavori liguri di Monet, ad eccezione del ritratto di un pittore inglese e di alcune minuscole figure umane, appena accennate e quasi mimetizzate nel selciato della via romana, in una tela, Bordighera, 1884, di cui Monet realizzerà una copia più grande per Berthe Morisot, al suo ritorno a Giverny, intitolandola Villas à Bordighera, 1884. In queste vedute, eccezionalmente, l’architettura sembra dominare, anche se la celebrata Villa Etelinda, opera dell’architetto Charles Garnier, provocatoriamente viene riprodotta solo parzialmente, sulla destra della composizione, quasi a creare la scena per la splendida agave – in primo piano con il suo fiore – e le tre palme dattilifere che intorno ad essa occhieggiano. C’è il dono inestimabile delle tre vedute di Bordighera alta dal punto di vista della collina dei Mostaccini. Il campanile di Santa Maria Maddalena “ripreso” dal Giardino di Francesco Moreno.

Un altro inestimabile omaggio Monet lo rende a Dolceacqua dopo aver scoperto il castello e il suo ponte, “un bijou de légèreté”, durante una escursione con i pittori inglesi, ospiti come lui della Pension anglaise. Torna da solo ed in una sola giornata riesce ad eseguire tre tele immediate e compiute, sotto lo sguardo incredulo e stralunato degli amici pittori a cui mostrerà al ritorno il risultato della spedizione. Si allontanerà verso Ventimiglia per ritrarre le montagne francesi e finalmente un po’ di mare, di acqua, il suo “elemento”, che a Bordighera non riesce a catturare e appare così solo in poche tele e sempre da lontano.

Alla fine del viaggio, stremato dalla fatica, decide comunque di fermarsi 9 giorni a Mentone, dove realizzerà 11 tele, tra cui alcune vedute di Montecarlo da Roquebrune.

Il 16 aprile 1884, infine, riparte per Giverny.

 

Bordighera, 25 Marzo 1884 (W460) a.…?

“…Non so se ciò che ho fatto è buono, non so più nulla, ho lavorato tanto, fatto tanti sforzi, che ne sono abbrutito. Se ne avessi la possibilità, vorrei cancellare tutto e ricominciare, perché bisogna vivere per un certo tempo in un paese per dipingerlo, bisogna averci lavorato con pena per arrivare a renderlo in modo sicuro; ma potremo mai essere soddisfatti di fronte alla natura, e soprattutto qui.

Circondato da questa luce abbagliante, trovo la mia tavolozza ben modesta; l’arte vorrebbe tonnellate d’oro e di diamanti. Infine, ho fatto ciò che ho potuto.

Forse, una volta rientrato a casa, questo mi ricorderà ciò che ho visto.”

Perché quel passaggio, quella devozione, quella tenacia, fatica e meraviglia prodotte da un artista così grande possano permanere e trasmettere emozioni nella nostra terra per lungo tempo e a tutti coloro che vorranno accoglierle.

Monet, abbagliato dai colori della natura e dalla luce di Bordighera, torna a Giverny e gradualmente, nel tempo, nel terreno circostante la casa crea un giardino straordinario, nel cui cuore il laghetto delle ninfee con il ponte giapponese e i salici piangenti. Una creazione che diventerà oggetto e soggetto della sua opera e della sua vita: un “giardino dell’anima”.

Ci piace pensare che Monet abbia tratto una fondamentale fonte di ispirazione per quella fantasmagorica creazione proprio da questo estraniante viaggio di duro lavoro – e fonte di meraviglia – in questo estremo lembo di Liguria.

Alla fine di aprile 2019, tre quadri di Monet, dipinti nel 1884, torneranno nella riviera ligure; a Dolceacqua, nel Castello dei Doria, e a Bordighera, nella Villa della regina Margherita, fino alla fine di luglio. Una grande emozione, per chi vorrà viverla, con molteplici eventi collaterali che condurranno il visitatore a rivivere l’atmosfera del tempo, con la speranza di rendere questo evento un’esperienza unica e sostenibile.

Silvia ALBORNO

 

Silvia ALBORNO

Il mio primo incontro-folgorazione con Monet avvenne su un sussidiario delle scuole medie, con la riproduzione di Impression, soleil levant, del 1872. Il mio professore di disegno di allora, Enzo Maiolino, mi aprì le porte dell’amore per l’arte: quel pallino sanguigno di sole nascosto nelle nebbie del porto di Le Havre dischiuse un fiume di sensazioni che ancora oggi conservo e che si possono sintetizzare nel pensiero che l’arte sia l’unica vera traccia che l’uomo possa lasciare del suo passaggio sulla terra.

Poi l’amore per la mia terra e la sua natura straordinaria. Le Palme millenarie. Quindi la scoperta del passaggio di Monet nella mia terra. La mia tesi di laurea su quel passaggio, non come storica dell’arte, ma laureanda in lingua e letteratura francese, partendo dall’incredibile scambio epistolare tra Monet, Alice, Paul Durand-Ruel e alcuni altri amici.

L’incontro con Joachim Pissarro ed Elizabeth Easton negli Stati Uniti nel 1997, che resero possibile la mostra fotografica del 1998 a Bordighera, il catalogo Monet a Bordighera pubblicato da Leonardo Periodici, la stessa mostra a Parigi in due sedi nel 2000. La pubblicazione di parole a colori, diversi interventi su riviste e a convegni. L’intermittenza del cuore, nel 2016, quando ritrovai al Marmottan di Parigi, accanto all’opera simbolo dell’Impressionismo – Impression, soleil levant- proprio una veduta della valle di Sasso a Bordighera, Vallée de Sasso, effet de Soleil, la stessa che nella primavera-estate 2019 sarà ospite per tre mesi alla Villa della Regina grazie al progetto Monet. Ritorno in Riviera, promosso e curato da Aldo Herlaut, con cui ho il privilegio di collaborare.

Silvia Alborno

 

Ref.

J.Pissarro, Monet and the Mediterranean, 1997, Rizzoli International.

S.Alborno (a cura di), Monet a Bordighera, 1998, Leonardo Periodici e Città di Bordighera.

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